Varie
Terrile's touch
Un’ Angelo dell’inizio 2011…ne mancano ancora quattro realizzati quest’ estate…
Nel segno dell’Angelo 1991/2011
1) Genesi
Nel gennaio dell’anno millenovecentonovantatre, la vita, cogliendomi di sorpresa, mi offrì l’opportunità di sperimentare una profonda crisi personale.
Avevo perso tutto nella frazione di un battito di ciglia : gli affetti, la voglia di creare e il lavoro.
Lasciai la mia casa coperta da un manto di polvere, per trasferirmi da un amico.
Il giorno e la notte erano un continuum. Il tempo scorreva lento, ed io sopravvivevo nella penombra di una tapparella abbassata. Non mangiavo nulla e mi muovevo meno.
Non c’è recinto che possa contenere l’anima umana.
Senza gioia, giocherellavo con la gatta e bevevo forte, scendevo giorno per giorno in un abisso del quale pareva impossibile intravedere il fondo.
La prostrazione non tardò a manifestarsi: reggeva tra le mani la mia volontà come fosse un corpo morto. Venne per annunciare che l’ispirazione era perduta. Il buio scese fitto dentro di me sino a penetrare ogni fibra.
Una notte, una delle tante in cui non riuscivo ad appartenere al sonno né alla veglia, mi parve d’udire una voce che bisbigliava queste parole: – quando l’ispirazione si palesa, devi lasciare ogni cosa e incamminarti sulla via che ti si apre innanzi. Non chiederti il perché, né cosa significa o potrà significare, accetta che sia una forza superiore a te, non contrastarla. Affidati a lei. Sii umile e abbandona quanto conosci, ciò che ti è stato insegnato e quanto hai appreso da solo. Lascia che sia lei a lavorare in te.
L’immaginazione è una fanciulla bellissima. Sorge sulla soglia della tua vita, desidera incontrarti per intrattenersi un po’ con te. Per lei, la tua porta dovrà essere sempre aperta e la tavola imbandita. Se imparerai a conoscerla, non verserai lacrime quando la vedrai scomparire perché, così com’è giunta, se ne potrà andare.
Ricorda:- quando viene non la si può contenere;quando va, non la si può fermare. Non avere timore, se il tuo cuore è puro e l’anima pulita, lei tornerà da te.
Poco prima del mio trentaduesimo compleanno, nel mese di marzo decisi di voltare pagina trasferendomi a Parigi dove Larrio(1) poteva ospitarmi. Presi possesso di una stanza con vista sul retro del Moulin Rouge, in boulevard de Clichy, zona Pigalle, poco sotto Montmartre.
Non conoscevo assolutamente la lingua francese; la mia maestra fu una bimba senegalese di 6 anni che viveva con la sua famiglia nello stesso immobile. Attraverso la forma semplice dei suoi costrutti cominciai ad apprendere la lingua e a comunicare, sebbene, a parte Larrio, Birdy(2) e Carolyn Carlson(3), non conoscessi altre persone nella capitale francese.
Ero partito con pochi soldi che cercavo di gestire accuratamente come potevo.
Per integrare il fondo, ogni tanto suonavo l’armonica a bocca con un chitarrista di strada conosciuto per caso in rue des Abbesses . Con i pochi franchi raccolti, mangiavo un sandwich o acquistavo della vodka al supermercato.
Il bere non aiutava a dimenticare i dolori. L’alcol faceva riemergere figure scomparse tragicamente, amici che si erano consegnati in circostanze diverse alla morte.
L’umore era quello di un giovane come tanti, arrabbiato con la vita e con il mondo, incapace di comprendere che i semi di quel malessere si trovavano interrati nel suo giardino.
Una sera, un forte temporale mi sorprese mentre ero ancora per strada. Trovai riparo in un bar tabacchi in rue Lepic, ordinai una birra, e scolo d’acqua presi a scrivere di getto questa frase su un foglio di carta che avevo in una tasca: Le forme simboliche vuote, ricevono l’immaginario delle masse. Preferisco abitare la periferia del sistema, nella quotidiana sospensione tra il Paradiso e l’Inferno di ogni mia giornata.
Già da un po’ di tempo(4), forse inconsapevolmente, realizzavo immagini legate alla gravità e alla sospensione, immagini che assunsero nel 1991(5) l’aspetto di figure sospese in aria.
Quella sera, debitore verso quelle parole scaturite in un momento della vita che consideravo “non felice” compresi due cose sul concetto di Tempo:
1) Stavo dando una forma al concetto di “rappresentazione dell’invisibile”attraverso il mezzo fotografico, che ha la specificità di “non poter prescindere dalla realtà”. Non è possibile fotografare ciò che non esiste.
(6)Noi vediamo dei corpi che si sollevano da terra come se si sprigionasse una forza dal basso verso l’alto, le persone sembrano sollevarsi, come se ci fosse una forza contraria alla gravità. E’ come se nell’immagine fotografica si potesse impressionare ciò che non è fotografabile, quel mondo che non appare agli occhi di chi è incarnato nello spazio e nel tempo.
La sospensione di un corpo, non visibile dall’occhio umano, è resa possibile dalla rapidità del tempo fotografico che congela la frazione di secondo in cui un corpo fisico, compiendo un salto, raggiunge un culmine nel quale resta sospeso, prima di ridiscendere verso il suolo assecondando la gravità.
Poeticamente, è come se, nell’immagine fotografica, si potesse impressionare ciò che non è fotografabile.
L’Angelo personifica una direzione e un senso, ha la sua origine nella divinità ma la sua traiettoria passa attraverso il mondo umano.
2) Un atteggiamento corrente consiste nel giudicare il tempo mentre lo stiamo vivendo. Come scrissi ad un’amica : …sia benedetto ogni giorno, quello bello, così come quello brutto.
Non voglio chiamare un giorno “brutto”, semmai “disarmonico”.
Il giorno che porta quel nome disonorevole, è il tempo che non capisco, il tempo che non accetto e che credo di non potere amare. I miei giorni belli, oggi come ieri, sono gli stessi. Sono giorni in cui non odio, non piango, giorni che non mi sporcano di malinconia.
I miei giorni belli sono verdi d’erba e non hanno mai gli occhi stanchi.
Iniziò in quel locale, al riparo dalla pioggia, la consapevolezza del viaggio che avevo intrapreso da alcuni anni.
(7)”Non il cielo. Non il Paradiso. Non il sopra. Non il dentro. L’Anima non è né sopra né dentro. E’ un vagabondo sulla strada. Non attraverso la meditazione. Non attraverso il digiuno. Non esplorando un Paradiso dopo l’altro, all’interno di sé, come i grandi mistici. Non con l’esaltazione. Non con l’estasi. Non per mezzo di un qualsiasi di questi sistemi l’Anima potrà entrare in sé stessa. Solo imboccando la strada. Non attraverso la carità. Non con il sacrificio. E nemmeno con l’amore. Non per mezzo di opere buone. Non è attraverso queste cose che l’Anima si realizza. Solo con il viaggio sulla strada. Il viaggio in sé stesso, lungo la strada. Esposti al contatto. Su due piedi lenti. Incontrando chiunque passi sulla strada. In compagnia di coloro che vagano nello stesso modo lungo lo stesso cammino. Verso nessun obiettivo. Sempre la strada.”
Lungo il percorso, che ancora oggi non è giunto al termine, ho incontrato tante persone che camminavano al fianco delle loro opinioni.
Non mi scoraggiai quando mi dissuasero dal proseguire.
Sapevo che: l’uomo in viaggio può non conoscere la meta, ma comprende la motivazione di quel cammino.
L’uomo in viaggio non porta bagaglio, ma ha con sé, nel profondo, la bellezza che è in grado di riconoscere nel mondo.
Adoperando come bussola il cuore incontrerà sul suo tragitto, quindi con i tempi della vita, le persone fondamentali affinché questo percorso si schiuda alla verticalità e non sia un mero pellegrinaggio sulla linea dell’orizzonte.
2) La figura dell’Angelo/ Spazio reale e spazio poetico
La figura dell’Angelo è radicata nell’immaginario collettivo da secoli.
Nell’antichissima tradizione indiana troviamo i Deva, in Arabia i Djinn. Gli Angeli si manifestano anche in Israele, nella Qabbalah ebraica così come tra i protestanti, che attraverso il cinema (Chaplin, Disney, Lubitsch, F. Capra) hanno affrontato il tema angelico.
La storia dell’arte medioevale, rinascimentale e barocca li innalza ai nostri occhi attraverso pale e dipinti, affreschi e sculture.
Il passaggio dal novecento al nuovo secolo è contraddistinto, invece, dal triste primato dell’angeologia consolatoria e pacchiana del movimento new age che, in virtù di un sincretismo da ipermercato globale, porta i messaggeri alati a volare nel punto più basso della loro storia.
Thomas Merton afferma : – …quando ci abbandoniamo a Dio impariamo a riconoscerlo non nella “presenza” che si ritrova in una considerazione astratta in cui lo vestiamo dei nostri fronzoli,ma nel vuoto di una speranza che può avvicinarsi alla disperazione, perché la perfetta speranza si acquista sull’orlo della disperazione, quando invece di cadere oltre il ciglio del burrone ci troviamo a camminare per aria.
La storia che vi racconto è questa: disperazione e redenzione sono sorelle che dormono nella stessa camera, in letti vicini.
La terra attira a se l’uomo per legge di gravità, e l’uomo è attratto dalle sue lusinghe ( potere e ricchezza) come da un campo magnetico.
L’uomo nasce e muore con i piedi sulla terra, la stessa dove troverà sepoltura.
Questi miei Angeli sospesi si rivelano prendendo sembianze umane e un corpo in prestito. In questo senso è possibile una discendenza iconografica con gli Angeli Biblici.
Angeli dagli sguardi severi. Nei loro occhi, vive il riflesso della nostalgia per l’imperfezione dell’uomo vissuta come una “mancanza”. In questo sentire c’è una condivisione dialettica con gli angeli rappresentati nell’universo Wendersiano (8).
Li raffiguro mentre con un gesto della mano annunciano. L’indice puntato in alto è il momento dello “svelarsi” nell’attimo. E’ lo svelarsi di mondi che abitualmente sono interdetti al nostro sguardo ancorato a terra.
De Goncourt scrisse che “ Imparare a vedere è il tirocinio più lungo in tutte le arti”
Quanto mostro non è l’intero, ma solo una parte di un dittico o di un trittico, così come nelle rappresentazioni sacre conosciute col termine di “Pale”.
Sposando il concetto di “opera aperta”, offro allo spettatore il ruolo attivo per completare questo lavoro.
“..Quando ero in manicomio,e vedevo l’erba dalla parte delle radici,ero convinta (e ancora lo sono) che il grande arazzo della volontà divina lo vedano gli angeli,mentre noi,incamminati verso l’indolenza o il sacrificio estremo,non comprendiamo nulla.” Alda Merini
Un tempo, gli “iniziati”, coglievano aspetti del “reale” che altri non potevano vedere. Erano persone che, avendo intrapreso un cammino interiore, avevano la capacità di porsi “sulla verticale dell’anima”, aprendosi a nuove dimensioni.
La cosa più difficile per l’essere umano è prendere distanza dal falso io, l’io che esiste solo nei desideri egoici , l’io che fa credere che questa sia l’unica realtà fondamentale della vita.
I miei Angeli, appena staccati dal suolo, restano vicini al mondo, ridotto ad elementi essenziali quali stanze chiuse, cantieri, strade, rotaie. Attraverso la loro sembianza, si fanno messaggeri di questo “stato dell’essere”.
Le vesti, i gesti e lo spazio, rimandano attraverso la bidimensionalità della fotografia, alle altre dimensioni. La scelta dell’abito, spesso bianco e sobrio, ha la funzione di evocare la quarta dimensione: il viaggio attraverso il tempo.
Le ali, che spesso compaiono nell’iconografia angelica tradizionale, in questa mostra sono visibili in una sola fotografia(9), con la complicità dell’ombra portata, di cui Masaccio fu maestro(10).
In alcune immagini, la figura angelica ha la sua ombra congiunta, segno di una non permeabilità assoluta del corpo. Nel contempo, l’ombra, si colma dell’essenza sottile dell’essere. In accordo con gli assunti di C.G. Jung, mostro l’ombra per significare un mondo che sta dietro la maschera della persona, i sotterranei dell’anima.
E laddove, nei miei scatti, l’ombra manca, non è tanto il segno di un’anima assente, quanto piuttosto, simbolicamente, della possibilità di essere rassicurati. Lo “smarrimento” dell’ombra, la sua perdita, cioè, sono il segno del “pienamente umano” tragicamente, eternamente ( un tempo eterno quasi infernale) sospeso fra la speranza di una redenzione e la certezza di un esilio indesiderato. Nel segno del tragico, i miei Angeli, rappresentano un dramma senza redenzione, perennemente assorti nella contemplazione del divino, che è lontananza irriducibile, fermi sulla soglia di un improbabile speranza.
Complici della mia vita e del mio sguardo, sfogliando queste pagine inizierete il vostro viaggio senza meta, per niente consolatorio, “Nel segno dell’Angelo”.
Alberto Terrile
Iola di Montese Settembre 2008
Note
1 Larrio Ekson (New York 1946) , famoso coreografo e danzatore statunitense
2 “Birdy” soprannome del dottore Claude Alain Planchon
3 Carolyn Carlson ( Oakland 1943) coreografa e danzatrice statunitense
4 tempo – 1979 Fluttuare parte prima/Fluttuare parte seconda pubblicate nel catalogo “interrotti transiti” a cura di Fabrizio Boggiano DPS edizioni Genova
5 Nel 1991 (montagne del modenese) “Giovanna e il ponte di legno”
6 Enrichetta Buchli/ Alberto Terrile “Sacra conversazione” da Sous le signe de l’Ange 1998 edizioni Petit Palais
7 D. H. Lawrence da un saggio sull’opera del poeta Walt Whitman
8 Il cielo sopra Berlino film del 1987 di Wim Wenders, parzialmente ispirato agli Angeli di Rilke,
scritto con il poeta Peter Handke .
9 Franziska O. Genova 9-7-94 ore 18
10 Masaccio, fu il primo a impiegare l’ombra portata. Nel 1427, a ventitrè anni, dipinse nella cappella Brancacci del Carmine di Firenze “San Pietro risana gli infermi con la propria ombra”
4 Comments
cristina corti
Alberto, perchè non pubblichi un libro? stavolta non di fotografie…di parole. Questo articolo emoziona. E tutto quello che emoziona, funziona
albertoterrile
Questo testo è pubblicato sul libro NEL SEGNO DELL’ANGELO editato nel 2008 in occasione della mia personale dal titolo omonimo nell’ambito del festival della scienza. In realtà lo stesso anno licenziai POETI IMMAGINATI, testi e immagini mie, edizioni la lontra. Sto scricendone uno “ERBACCE :per una botanica dell’Anima….ma non è semplice trovare un editore interessato…
morena
questa è una condivisione profonda uno squarcio di vita vissuta, racchiude in se’ tutto lo sconforto le insicurezze sul divenire della propria esistenza ma nello stesso tempo rivela come nella notte buia dell’anima si potrebbe schiudere un seme quelli che risiedono nel nostro giardino segreto il mondo invisibile diviene visibile .. un evento fatale! Grazie Alberto..
albertoterrile
Ho scelto per indole e certamente aiutato dall’educazione in famiglia la strada della sincerità. Oggi a molti fa comodo mostrarsi vincenti, forti e belli…poi arriva la vita a disfare queste maschere. Preferisco mostrarmi nella fragilità, quanto nella forza trasformativa degli elementi dei quali sono composto. L’Alchimia della vità è questa…e vive di sincerità.!