Robert Altman / L’ultimo scatto

Era il 1993, ero al Lido di Venezia a ritrarre registi e attori.
A quel tempo vincevo la mia timidezza nel contattare agenti, registi e attori per chiedere una veloce seduta di ritratto ricorrendo all’alcol, bevevo molto.
Per Robert Altman provavo un amore nato giovane ai tempi della prima liceo.
Quel giorno avevo quasi terminato la pellicola che ero uso portarmi dietro, rulli 120 di Kodak T Max 400.
Quando vidi profilarsi la sagoma di Altman realizzai che mi restava “solo un ultimo scatto”.
Chiesi a Altman un ritratto conscio d’avere “un solo colpo in canna”. Mi scrutò con quel suo sguardo tra l’ammiccante e il sornione e mi disse :- …dopo, ora devo parlare con una persona.
Fu gentile, non rammento se fosse un’agente, una della produzione, una giornalista.
Mi accomodai a un tavolino nelle vicinanza poggiando la mia Hasselblad con montato il Planar T * 80mm/f2.8 in attesa del mio momento.
Mi ha sempre colpito “lo sguardo di Altman” sia nella vita e qui parliamo di colori, taglio e espressione, così come il suo sguardo sull’America.
Vidi quell’espressione che conoscevo per foto e interviste televisive, vidi come scrutava quella donna e scattai.
Non avevo saputo resistere!
Così mi trovai qualcosa che ovvio non era un posato, infrangevo l’assunto di Avedon : Un ritratto fotografico è un’immagine di chi sa di essere fotografato disse in un’intervsita del ‘78.
Non credo Altman si sia accorto che avevo scattato. Non avevo più pellicola ma pensavo di “avere la foto giusta”, a quel tempo non potevi controllare un display digitale per dire …” ok ho lo scatto” era un qualcosa che solo tu fotografo potevi “sentire interiormente “.
Ero timido, bevevo anche per quello, per farmi coraggio.
Mi alzai prima che Altman fosse libero per me, mi vergognavo di essermi rivolto a lui chiedendo “un ritratto” perchè di uno, solo di uno si trattava realmente.
Mi allontanai vergognoso pensando che intanto ero uno dei 700 fotografi accreditati quell’anno…