Varie
Nel momento in cui viviamo, le nostre azioni e le conseguenti emozioni, ci legano all’interno di una o più cornici che compongono “la nostra vita”. La stessa è come una successione di fotografie in un album che difficilmente riusciremmo a sfogliare da soli. Le immagini, spesso sono confuse dalle emozioni che siamo abituati legar loro.
Se fossimo in grado di sospenderci, di far giusta attenzione a quel quadro come non ne facessimo parte, potremmo dire di aver una ‘seconda vista’, quella che vede e non osserva.
Ieri mattina avevo un appuntamento con un uomo che si chiama Jan, un olandese che si occupa di semiologia del cinema e di arte. Non ci conoscevamo di persona. Abbiamo a lungo parlato delle nostre vite, diverse per età, per formazione, per lingua e nazionalità.
Uno dei punti in comune era “ la qualità della vita” e il fatto di avere scelto entrambi di ritirarci sempre più spesso in zone sperdute dell’ Appennino.
Lui ha vissuto parecchio a N Y e Parigi, io l’ America l’ho sfiorata, mentre Parigi l’ho vissuta a più riprese dal 1993 al 2000.
Scopriamo dopo poco, d’aver abitato vicini, a poche centinaia di metri l’uno dall’altro, lui in rue Lepic ed io in boulevard de Clichy.
Grande è stata la meraviglia nello scoprire che proprio in “ una sera del 1993 un forte temporale mi sorprese mentre ero ancora per strada. Trovai riparo in un bar tabacchi in rue Lepic, ordinai una birra, e scolo d’acqua presi a scrivere di getto questa frase su un foglio di carta che avevo in una tasca: Le forme simboliche vuote, ricevono l’immaginario delle masse. Preferisco abitare la periferia del sistema, nella quotidiana sospensione tra il Paradiso e l’Inferno di ogni mia giornata. ( tratto dal libro “Nel Segno dell’Angelo 1991/2008 editato in occasione della mostra nell’ambito del Festival della scienza).
Potremmo quindi già prima di ieri, esserci incontrati per strada, urtati sul metrò o forse aver atteso il rispettivo turno nell’ufficio postale del quartiere.
Ho il ricordo di una primavera d’anni fa sui monti, stagione tessuta d’Amore, stagione dolce e sensuale che apriva un cammino oggi interrotto. Ricordo il desiderio di due anime che scese in terra, trovarono i loro corpi che si amavano nascosti dal muro di una cappella sui monti. Accanto c’era un alto campanile, una vite e una canonica.
Tornammo in quel posto altre volte negli anni, per guardare il paesaggio, per raccogliere dei fiori o fare delle fotografie. Tornammo in tutte le stagioni che accompagnarono il nostro Amore.
Grande è stata la meraviglia quando Jan mi ha detto: – Sto ristrutturando un edificio, conosci un luogo non lontano da qui, con una piccola cappella, un campanile e poco distante, una grande canonica dove sto costruendo il mio studio d’Arte?
Ancora una volta le nostre vite si sono sfiorate.
Inevitabile conoscersi. Inevitabile riscontrare identità di vedute.
Abbiamo deciso nei prossimi mesi di realizzare un lavoro “nel suo luogo” che è stato ed è anche “il mio luogo”….lavoreremo lì producendo un’opera fatta di forma e sostanza.
I sentieri, dopo tanti anni, si sono resi visibili.
3 Comments
utente anonimo
… e in quella grande ed amata canonica ho appreso, da adolescente, un poco di latino e di francese.
Giuliana
utente anonimo
Che bella storia Alberto, veramente affascinante … ormai potresti farci un film con la tua vita :)
Ciao Uccio
albertoterrile
Caro Uccio i film li fanno su quelli che oramai sono morti…ho 47 anni una salute media e non eccellente, non credo di arrivare ai 98 come mia nonna….ma vorrei campare ancora un pò….facciamo almeno 30 anni…..se “in alto”…me lo concedono!