Il mio ricordo di Francesca Santagata - Alberto Terrile Non mi sono fatto la barba, non mi sono cambiato d'abito per l'occasione e mi sono guardato allo specchio cercando di trovare le parole più vere per raccontare chi è stata per me Francesca.
Le piacevano le mie fotografie , iniziò a posare da subito , dal nostro primo incontro .
Il vestito bianco dell'Angelo dell'ottobre 1994 è una sua idea che poi ho adottato e declinato nel tempo, la postura e il gesto sono miei. Ne scattammo solo due, uno di fronte e uno con la testa di profilo, buoni entrambi alla prima e credetemi con la pellicola, senza guardare il risultato sul display non è tutto così semplice come oggi.
Faceva freddo quel giorno e lei me lo fece capire in modo brusco e diretto perchè anche questo era il suo carattere.
Con lei ho compreso meglio il termine di "musa" e sicuramente ho impiegato al massimo le mie capacità espressive nell'interazione costante perchè le fotografie, perlomeno le mie fotografie si fanno in due, soggetto fotografante e soggetto fotografato.
Che sia umano, paesaggio, animale o semplice oggetto il mio modus operandi tiene conto e interagisce con tutto il visibile col medesimo rispetto.
Abbiamo mantenuto un fil rouge e scattato l'ultima volta nel 2017.
Vorrei idealmente chiudere questo post che si rivolge alla gente che mi conosce e agli amici di Francesca con lo splendido finale del romanzo Beautiful losers di Leonard Cohen
"Benvenuto a te che mi leggi oggi. Benvenuto a te che umili il mio cuore, benvenuto a te tesoro e amico che mi manchi in eterno nel tuo viaggio verso la fine"
🌳 alber(t)o ... See more
2017 https://youtu.be/07bbagY6mwM 1 agosto 1974 10 Dicembre 2020 Francesca posa al Père - Lachaise sulla tomba di Élisa Hodgson realizzata dallo scultore Antonino d'Agiout
3 Comments
utente anonimo
Come le squame di un pesce, da raschiare via con il coltello per guardarle schizzare e incollarsi tenacemente, resistere.
Siamo piccoli piccoli e volatili e inutili, schegge incontrollate con sentimenti inamidati e parafrasi umorali che diventano liquidi vischiosi.
Coliamo impacciati, scaviamo la sabbia e appesi a fili sottili come capelli ci assicuriamo ai rami di una stella per sentirci parte di un cosmo che sa fare a meno di noi.
Sprofondiamo con occhi acidi nell’abisso di ciò che non siamo.
albertoterrile
IL BUIO OLTRE LA SIEPE
E in tutto questo “non essere”…. cerchiamo una possibilità d’essere l’invito è…ANDARE …ALLA SIEPE!!!
PS: il buio oltre la siepe è solamente ciò che è sconosciuto pur essendo vicino no?
Lerman
A proposito delle cose belle che abbiamo dentro di noi e neppure, a volte, lo sappiamo, voglio farvi conoscere questa storiella che mi è capitata sotto gli occhi proprio in questi giorni.
Caro Alberto grazie per le immagini e le parole che ci doni. Voglio augurare a te e a tutti coloro che leggono di essere sempre come l’anfora vecchia del racconto.
LA VECCHIA ANFORA
Ogni giorno, un contadino portava l’acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore che legava sulla groppa dell’asino, che gli trotterellava accanto. Una delle anfore, vecchia e piena di fessure, durante il viaggio, perdeva acqua. L’altra, nuova e perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure una goccia.
L’anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l’anfora nuova non perdeva l’occasione di far notare la sua perfezione: “Non perdo neppure una stilla d’acqua,io!” Un mattino, la vecchia anfora si confidò con il padrone: “Lo sai, sono cosciente dei miei limiti: sprechi tempo, fatica e soldi per colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io sono mezza vuota. Perdona la mia debolezza e le mie ferite.”
Il giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse all’anfora screpolata e le disse: “Guarda il bordo della strada”: “Ma è bellissimo! Tutto pieno di fiori!”, rispose l’anfora.
“Hai visto? E tutto questo solo grazie a te – disse il padrone -. Sei tu che ogni giorno innaffi il bordo della strada. Io ho comperato un pacchetto di semi di fiori e li ho seminati lungo la strada, e senza saperlo e senza volerlo, tu li annaffi ogni giorno”. La vecchia anfora non lo disse mai a nessuno, ma quel giorno si senti morire di gioia.
Siamo tutti pieni di ferite e di screpolature, ma se lo vogliamo, possiamo fare meraviglie con le nostre imperfezioni…
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