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Varie

Posted on 26/06/2008 at 19:30 by Alberto Terrile / 2 Comments

La vera storia della giacca fucsia

Oggi guido da solo e non tiro più su il finestrino nelle gallerie.
Oggi decido dove, quando e come andare verso qualsiasi cosa.

Oggi, vorrei carezzare la coccinella che è arrivata  a me nella notte.
Con lei volerei sino ad un campo pieno di ciliegi, un campo che è custode della mia piccola storia.

C’era un tempo, alcune primavere fa, in cui la sera si raccontavano le gesta e si ripensava a quanto s’era veduto nelle ore di luce.
Quando il buio è troppo fitto, raccontare  storie luminose può aiutare a raggiungere prima la nuova alba senza avere paura della notte.

Nel campo dei ciliegi viveva un piccolo uomo con una testa grande e minute spalle a sorreggerla.
Era un uomo di cuore che coltivava la terra e amava i suoi ciliegi.
La sua bontà era così grande al punto da fargli escogitare un sistema particolarmente ingegnoso  per allontanare i volatili dal suo piccolo podere.

Se costruissi uno spaventapasseri alla vecchia maniera, con un cappellaccio, braccia di legno torte verso l’alto e gambe di paglia per certo farei fuggire gli uccelli, spaventandoli a morte, ma non è nella mia natura spaventare il prossimo, umano, animale o vegetale che sia.
Se appendessi una giacca all’albero, una giacca che si muove nel vento, gli uccelli potrebbero pensare che è quella di un angelo che è andato di corsa a soccorrere qualcuno…e intimoriti dalla possibilità d’essere sorpresi  al suo ritorno, rinuncerebbero a beccare la mia frutta.

Così fece, prese una vecchia giacca fucsia che non andava più a sua moglie e l’appese tra i suoi ciliegi.
Il vento che passa attraverso i monti la faceva fluttuare nell’azzuro del cielo.
Passando di lì, un giorno di primavera, la vidi e me ne innamorai.

Per  molti anni, in diverse stagioni,passai di là per controllare se la giacca dell’angelo c’era ancora e la trovai sempre.

L’uomo buono la vide sfilacciarsi con la neve,il gelo e i venti dell’appennino, ma non ebbe mai il coraggio di gettarla via.
Buttereste voi via l’abito di un angelo?

Oggi che guido da solo e decido dove, quando e come andare verso qualsiasi cosa, ho scoperto ripassando da quel podere  che la giacca esiste ancora. Non vola più  ma tiene  caldo e compagnia al fusto di un giovane albero.

Nel campo dei ciliegi vive un piccolo uomo con una testa grande e minute spalle a sorreggerla.
E’ un uomo di cuore che coltiva la terra , ama suoi ciliegi e le creature alate, siano passeri come angeli.


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2 Comments

  • evtngbutheshoes

    28/06/2008 - 09:15

    Buongiorno!!

    Foto bellissime e parole altrettanto belle.

    Delle due però mi affascina di più la prima . Senza offesa eh!

    Credo perchè sono negata : non ho l’occhiobbiettivo.

    Susanna

    Reply to comment
  • albertoterrile

    29/06/2008 - 10:14

    …la seconda è solo per mostrare che la giacca è ancora là dopo anni….tutto ciò che “sta in terra” è meno seduttivo di ciò che sta sospeso…in alto no?

    E’ l’eterno mistero dell’umanità….ciò che è “in alto” e ciò che appartiene al suolo.

    Rivendico da sempre il diritto di poter avere la testa tra le nuvole…che non significa, come pensavano certi miei professori il vagare senza senso.

    Ho una rotta precisa, una linea,un filo invisibile che seguo.

    Reply to comment

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albertoterrile

Sono una “macchina sensibile”, il mio carburante sono le emozioni. Amo rendere visibile l’invisibile.

ALBER( t )O Se faccio un gioco e metto tra par ALBER( t )O 

Se faccio un gioco e metto tra parentesi la T divengo un albero
La T è l'iniziale del mio cognome, Terrile, di ascendenze austriache "...che viene dalla Terra".

Nel 1997, nel mio labor of love sull'Appennino , decisi di mettere in pagina il mio pensiero sugli alberi realizzando questa immagine nel bosco adiacente casa.
La stessa estate con la complicità di Susanna realizzai la mia "visionaria" rielaborazione del concetto di nascita e discendenza.

In mezzo, attraverso e dentro di me il ricordo di antiche parole...
«Vedi qualche cosa?» Egli aprì gli occhi e disse: «Scorgo gli uomini, perché li vedo come alberi che camminano» ( 1 )



( 1 ) 
Marco 8,22-26
Gesù guarisce un cieco
Mr 10:46-53; Gv 9:1-11
22 Giunsero a Betsaida; fu condotto a Gesù un cieco, e lo pregarono che lo toccasse. 23 Egli, preso il cieco per la mano, lo condusse fuori dal villaggio; gli sputò sugli occhi, pose le mani su di lui, e gli domandò: «Vedi qualche cosa?» 24 Egli aprì gli occhi e disse: «Scorgo gli uomini, perché li vedo come alberi che camminano». 25 Poi Gesù gli mise di nuovo le mani sugli occhi; ed egli guardò e fu guarito e vedeva ogni cosa chiaramente. 26 Gesù lo rimandò a casa sua e gli disse: «Non entrare neppure nel villaggio».

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Soffro chiuso e limitato da questo tempo epocale, soffro senza la mia vera camera oscura, quella attuale sta come le uova di lompo al caviale.

Ogni progetto è rallentato dalle incombenze/doveri famigliari/scolastici e dalle limitazioni imposte a me come a tutti.

Mi faccio delle domande...

Devo commuovermi come un anziano contemplando la luce che entra in un vecchio mobile in un attimo in cui il sole accenna un saluto?

Debbo liberare un sospiro mentre passa quella bellezza che non è possibile neppur sfiorare con i pensieri ?

Non debbo dispiacermi perchè questi pensieri negativi fanno poi ammalare o comunque star male ?

Tutti hanno le risposte per tutto ma io, non le voglio sapere !


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Mi montai la Rb67 sul cavalletto, sviluppai la notte gli scatti, e stampai. Era diverso...

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