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Gustin

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Gustin / Agostino

Iola di Montese ( Modena)

23/08/2020  ore 15

GUSTIN E IL MAGGIOLINO ARANCIONE

Quando attraversi la piazza di Iola, è quasi impossibile non incontrare Agostino, “Gustin” il vecchio postino.

Uomo buono, cordiale, sempre sorridente e garbato con tutti. Amico di mio Padre.

Gustin era quello del maggiolino arancione. Era rassicurante vederlo posteggiato in piazza.

Era una gioia x gli occhi di noi giovani ragazzi.

Quest’estate l’ho incontrato proprio nella piazza e  gli ho fatto un piccolo ritratto perché volevo poi, mostrarlo a casa.

Questioni di età, mio padre novantenne rivede l’amico in fotografia attraverso uno scatto che gli porterà in pellicola il figlio.

Gustin e mio Papà  non sono esseri attaccati alla chat di uno smartphone, mio padre scrive  ancora lettere a mano per comunicare con suo cugino Giuseppe.

Questa estate ho deciso di lasciar ferma la mia hasselblad che per certo ha molto segnato una mia ultra ventennale produzione per tornare a un fecondo e giocoso 135 mm, usando la mia vecchia RTSII , tornando a provare un brivido che avevo  completamente dimenticato.

Cominciai a fotografare da giovane, avevo  una la luce nello sguardo, qualcosa in me brillava, come fossi la rappresentazione di un cartone animato o fumetto.

Ne conosco la ragione, più del disegno e dei pennelli avevo trovato il giusto strumento, la techne che faceva al caso mio.

Forse perché stavo iniziando e il mondo che potevo fotografare, cui potevo dare la mia “intonazione” diventava subito più bello. Avevo finalmente scoperto un modo di farmi andare bene quella che chiamano realtà

Se non avessi creato “il mio mondo”, probabilmente sarei morta in quello degli altri scriveva Anais Nin.

Questa estate ho  quindi scattato 13 rulli in bn , fotografavo solo ciò che volevo , tantissima natura, qualche ritratto, processioni e funerali.

 

Stamane unisco al ritratto di Gustin fatto quest’anno, un’altra foto che scattai a sua madre Emma 34 anni prima a poche centinaia di metri da dove ho ritratto il figlio .

Emma, la madre di Gustin 1986

 

 

 

 

 

 


Realizzata con: RTS II
Pellicola: Kodak T Max 400 e HP5
Anno: 1986 / 2020
Luogo:
Iola di Montese

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Cara Virginia, sono felice di averti laureato l'al Cara Virginia,
sono felice di averti laureato l'altra mattina.
La tesi sull'intima malinconia l'ho intesa come un piccolo reportage dell' Anima.
Dobbiamo sempre guardare oltre l'immagine, oltre la parola " oltre noi stessi".
 
Quando il tuo relatore, prof Andrea Botto ha detto d'averti consigliato la visione del film  Lisbon Story di Wim Wenders con Rudiger Vogler ho fatto un volo a ritroso.
 
Successe che Invitai l'attore a Genova neppure un anno dopo aver girato quel film di Wim. Trascorremmo un pomeriggio assieme parlando di Cinema mentre scattavamo delle fotografie che avevo in mente.
 
"Vorrei che lei interpretasse per me "il fotografo" una figura  che , prima di tutto ,vede le cose del mondo.
Fu bello sentirsi dire :- Perché  non ha scelto di fare il regista? Lei sa far capire molto bene a un attore cosa  deve metter in scena.
 
L'altra mattina, nell'afa dell'aula 5H mentre mostravi la tua tesi io sono ritornato a un altro Aberto, quello  che  aveva esposto a Berlino nel 1995,  quello che frequentava Wim e Donata Wenders e che sperava di dimostrare alla gente il valore delle sue immagini.
 
Non so cosa vorrai fare nella vita, qualunque cosa sia, falla con amore.
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Plan B #albertoterrile #albertoterrilefineartphot Plan B

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ORA ET LABORA Siatene pur certi, figli miei: qual ORA ET LABORA

Siatene pur certi, figli miei: qualsiasi specie di evasione dalle realtà oneste di tutti i giorni significa per voi uomini e donne del mondo, il contrario della volontà di Dio. Dovete invece comprendere adesso — con una luce tutta nuova — che Dio vi chiama per servirlo "nei" compiti e "attraverso" i compiti civili, materiali, temporali della vita umana: in un laboratorio, nella sala operatoria di un ospedale, in caserma, dalla cattedra di un'università, in fabbrica, in officina, sui campi, nel focolare domestico e in tutto lo sconfinato panorama del lavoro, Dio ci aspetta ogni giorno.
Sappiatelo bene: c'è "un qualcosa" di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni, qualcosa che tocca a ognuno di voi scoprire. A quegli universitari e a quegli operai che mi seguivano verso gli anni trenta, io solevo dire che dovevano saper "materializzare" la vita spirituale. Volevo allontanarli in questo modo dalla tentazione — così frequente allora, e anche oggi — di condurre una specie di doppia vita: da una parte, la vita interiore, la vita di relazione con Dio; dall'altra, come una cosa diversa e separata, la vita famigliare, professionale e sociale, fatta tutta di piccole realtà terrene. No, figli miei! Non ci può essere una doppia vita, non possiamo essere come degli schizofrenici, se vogliamo essere cristiani: vi è una sola vita, fatta di carne e di spirito, ed è questa che dev'essere — nell'anima e nel corpo — santa e piena di Dio: questo Dio invisibile lo troviamo nelle cose più visibili e materiali. Non vi è altra strada, figli miei: o sappiamo trovare il Signore nella nostra vita ordinaria, o non lo troveremo mai.
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